Target è un negozio che vende di tutto: dalle banane alle mutande, dall’aspirapolvere alla bistecchiera, dal cellulare alla schiuma da barba…
Apre nel 1962 in Roseville, Minnesota, e piano piano inizia ad espandersi, concentrandosi prima solo nella parte centrale degli Stati Uniti e, dopo la fusione con Fed Mart stores nel 1982, in tutti gli altri stati, con oltre 1600 punti vendita. In questo video si vede la diffusione di Target a partire dagli anni ’60, la moltiplicazione dei suoi punti vendita che oggi sono praticamente ovunque.
Durante le mie camminate l’insegna di Target si intravede sempre all’orizzonte. Appena giro l’angolo, tra le palme e e i profili delle case, si scorge il bersaglio rosso, che attira come un faro nella nebbia i cittadini-consumatori.

Qui a Sunnyvale apre nel 2009, si piazza in quello che doveva diventare un grande progetto di rigenerazione (commerciale) del centro città, per poi rimanere faro nella nebbia: un grande contenitore commerciale dentro un cantiere fermo nel casino post 2008.

Ora che qualcosa si sta muovendo e i lavori stanno ripartendo (dieci anni son passati), Target è pronto per dare e incassare il massimo.
Io ci vengo spesso, quasi ogni settimana. Dopo che ho portato Carmen Sofia a scuola, mi concedo un giro da Target, salgo al primo piano e mi prendo un caffè da Sturbucks, mentre mi gusto la vista sul suburbio che cambia. Franky sempre con me.
Le riunioni del lunedì
Una delle cose che può capitare, e spesso capita il lunedì, sono le riunioni team building ‘a cielo aperto’ (ossia lì, vicino agli scaffali del Dixan) che fanno i capi reparto con i commessi.
Sono una cosa che a me, personalmente, un po’ fa ridere, un po’ fa paura, un po’ mi diverte, un po’ non sopporto.
Il lunedì mattina, mentre vaghi tra gli scaffali con carrello o passeggino, ad un certo punto, li vedi: tutti in piedi e in cerchio che ascoltano il capo divisione, il motivatore.
Questo inizia con un siparietto in cui racconta di quanto è andato bene il week end, durante il quale sono stati incassati 20, 30, 40 mila euro, che ha visto un’affluenza di 50 mila persone etc etc etc
Al che, la prima cosa che penso è: meno male che non ero tra le 50 mila persone che sono venute qui questo week end e la seconda è: ma che me frega a me di quanti soldi avete guadagnato con i vostri meccanismi subdoli e i vostri cestelli delle offerte?
Ma vabbeh, sono curiosa (non mi faccio mai gli affari miei) e continuo ad ascoltare.
Continua dicendo le cose ovvie: è tutto merito nostro, vostro, continuate così.
Poi le sfide dei prossimi giorni e dell’importanza che tutti diano il massimo!
Poi è il momento di ringraziare chi ha venduto di più (John), chi è venuto in aiuto proprio nel momento giusto (Nate), la nuova arrivata (Jane) etc etc etc.
Poi, ovviamente, il motivatore chiede a tutti di dire qualcosa. E allora tutti si devono inventare qualcosa da dire: di solito sono ringraziamenti ad altri del team, altre volte consigli su come migliorare, fioretti. Per gli americani non è difficile questa attività, lo fanno dalle elementari.
Oh, nessuno che dica che forse queste riunioni potrebbero farle in un altro posto…
Qui tutto pronto per Thanksgiving, poi il Black Friday, e poi arriva il Natale. Non oso immaginare le riunioni dei prossimi lunedì.
